martedì 19 febbraio 2013


Luca 5,1-11
1 Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca". 5Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. 8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore". 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini". 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Il ministero di Gesù si afferma potentemente, dopo essere stato annunciato e preparato nei capitoli precedenti. Dopo il battesimo di Gesù (Luca 3,21–22), il periodo di preparazione nel deserto (Luca 4,1–13), le profezie del programma di salvezza (Luca 4,16–22, basato su Isaia 61,1–2), si vanno realizzando dalla metà del capitolo 4, nel quale Gesù comincia operando esorcismi e guarigioni (Luca 4,31–41) e miracoli, come in questo caso.
La pesca miracolosa qui descritta non ha però soltanto lo scopo di far riconoscere la potenza che opera attraverso Gesù, ma anche quello di preannunciare quello che sarà il mandato principale affidato da Gesù alla sua Chiesa. Questo può essere riassunto nelle parole che Gesù rivolge a Simone, non ancora Pietro: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini".
Questo segno è soprattutto per lui, per Simone, colui che sarà chiamato a reggere la Chiesa di Dio, tanto è vero che soltanto a lui Gesù si rivolge quando cambia la sua attività da umana in divina.
Significativamente poi, in questo brano, il nome Pietro viene aggiunto a quello di Simone soltanto quando egli riconosce la signoria di Gesù (v. 8), quasi a significare che egli sta per diventare colui che Cristo ha designato proprio in conseguenza del suo inginocchiarsi davanti a Cristo. Ed è sempre al verso 8 che Simon Pietro si rivolge a Gesù chiamandolo "Signore" e non più soltanto "Maestro" come aveva fatto al verso 5. Gesù ha mostrato a Pietro che egli è veramente Signore, non soltanto delle cose del cielo, ma anche di quelle della terra, anche quelle nelle quali sia Simone sia i suoi compagni di lavoro avrebbero potuto pensare di essere padroni assoluti, cioè nel loro mestiere. Ecco che, quando tutto è deposto davanti al vero Signore, non soltanto si ottiene cento volte di più di quanto si sarebbe potuto senza Dio, ma anche il lavoro stesso assume un significato assolutamente nuovo, e un semplice pescatore diventa un apostolo di Cristo. Così, quando i discepoli avevano già abbandonato ogni speranza di guadagno dal loro lavoro, la potenza di Dio li riempie anche della gioia umana di essere colmati di una ricchezza inaspettata.
Viene in mente il Salmo 127: 
Se il Signore non custodisce la città,
‎invano veglia il custode.
‎ 2 Invano vi alzate di buon mattino,
‎tardi andate a riposare
‎e mangiate pane di sudore:
‎il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno (Salmo 127,1–2).

giovedì 25 giugno 2009

Tommaso Moro

22 giugno festa di S. Thomas More.

In occasione della sua festa, ecco la preghiera forse più conosciuta di questo grande uomo e credente:

Signore dammi una buona digestione
e dammi, naturalmente, qualcosa da digerire.
Dammi la salute del corpo,
con il buonumore necessario per mantenerla.
Dammi un'anima sana, che abbia sempre davanti agli occhi
ciò che è buono e puro,
così che di fronte al peccato non si scandalizzi,
ma sappia sempre trovare il modo di porvi rimedio.
Dammi, o Signore, un'anima che non conosca
la noia, i lamenti, i brontolamenti, i sospiri,
e non permettere che me la prenda troppo per quella cosa
troppo invadente, che si chiama io.
Signore, dammi il senso dell'umorismo,
dammi il dono di saper ridere di uno scherzo,
affinchè io sappia trarre un pò di gioia dalla vita,
e possa farne parte anche gli altri.

sabato 25 aprile 2009

Il Cavallo rosso

Ho appena terminato di leggere il romanzo "Il Cavallo rosso" di Eugenio Corti. Non è un libro facilmente rintracciabile in libreria, per un motivo molto semplice: parla male del comunismo.
No, non sono fascista e non sono neanche di destra.
Ecco, l'ho dovuto dire subito. Perché ormai dobbiamo tutti rispondere come ad un riflesso condizionato, indotto ad arte proprio da una certa sinistra: se parli male di loro devi necessariamente aderire all'idea negativa e opposta.
Ed è proprio quello che accade al protagonista del romanzo - uno scrittore di grande talento - che, reduce dalla seconda guerra mondiale e avendo combattuto in Russia, si vede negata la possibilità di pubblicare molte delle proprie opere perché non "conformi" al pensiero dominante dell'Italia del dopoguerra.
Il Cavallo rosso è stato pubblicato all'estero in nove lingue, tra le quali il giapponese, ed Eugenio Corti è stato salutato come il "Tolstoj italiano del Novecento", ma la critica nostrana non gli ha mai riservato lo spazio che avrebbe meritato.
È un libro che parla di guerra, di amicizia e di amori veri con una visione della vita e dei suoi valori assolutamente cristallina. Proprio per questo motivo, per alcuni potrebbe risultare un tantino ostico. Non nel linguaggio, che si mantiene sempre accessibilissimo ma, bisogna ammetterlo con un tantino di nostalgia, forse alla nostra mente e al nostro cuore, che è stato lentamente disabituato ad aspirare al meglio.
Il libro lascia la sensazione, soprattutto a chi non è più giovanissimo (come lo sono io), che è ancora possibile riprendersi quei valori e farli propri e lottare per essi con calmo ardore.
Il libro è pubblicato dalla Casa editrice Ares http://www.ares.mi.it/.

lunedì 20 aprile 2009

Osservo spesso le persone handicappate, perché vivono una dimensione della vita a me sconosciuta. Si potrebbe aggiungere "grazie a Dio", certamente. Ma non è la prima cosa che mi viene in mente quando vedo, ad esempio, alcune persone cieche, oppure altre costrette su una sedia a rotelle.
Mi sembra che alcune di queste persone percepiscano le cose ad un livello più profondo del normale, a me sconosciuto, e sappiano prendere la vita davvero per il verso giusto. Non tutti, si capisce, riescono nel difficile compito di accettare totalmente la loro esistenza e i loro limiti (come del resto accade anche a quelli tra noi che non hanno grosse limitazioni fisiche). Ma quando alcuni di loro ci riescono deve essere sicuramente un'esperienza talmente liberante, da far esplodere altre capacità che superano spesso quelle delle persone sane.
Un esempio di scintillante di autoironia, me lo hanno involontariamente fornito due persone cieche che lavorano presso l'Istituto in cui lavoro come consulente. I due, un uomo e una donna, sono entrambi ciechi. Spesso salgono al bar accompagnandosi vicendevolmente, per aiutarsi (non chiedetemi come possa un cieco aiutare un altro cieco, non ne ho idea).
Qualche giorno fa, il barista ha chiesto scherzosamente all'uomo se intendeva fidanzarsi con la donna.
"Che, mi hai preso per scemo? Vabbè che non ci vedo, ma che questa è una cozza l'ho capito anch'io, che ti credi?", ha fatto lui.
"Beh, se è per questo, non ti sei mai neanche visto in faccia!", ha risposto lei, per niente risentita.

sabato 11 aprile 2009

Strumenti per il lavoro

Lavoro da parecchi anni sulle tecnologie Java e J2EE (dal 1998), ma non ho ancora trovato uno strumento di lavoro veramente completo per questi ambienti.
Ciò che servirebbe è uno strumento che includesse un supporto completo alla modellazione UML e un IDE. Ho sempre trovato solo strumenti validissimi per fare una cosa oppure l'altra, ma mai assieme.
Certo, è evidente che realizzare un software del genere non è impresa facile... Eppure, molto è stato fatto per creare prodotti specializzati, anche gratuiti (come NetBeans http://www.netbeans.org/, che nella versione 6.5 è davvero un ottimo editor per Java e le tecnologie enterprise correlate), o MagicDraw UML (http://www.nomagic.com/) prodotto commerciale di alta qualità, o IntelliJ IDEA (http://www.jetbrains.com/), altro ottimo editor per Java, che rimango sorpreso del fatto che sembrano ancora pochi gli sforzi fatti per integrare il "mondo" degli analisti e degli architetti software con quello degli sviluppatori.
In realtà, vengono realizzati plugin a iosa (ne esiste uno anche proprio per MagicDraw verso NetBeans), ma spesso sono già obsoleti appena usciti perché, mentre ne viene realizzato uno sul prodotto A per la versione X del prodotto B, questo esce nella versione Y poco tempo dopo.
Inoltre, spesso ci sono grosse limitazioni: il plugin serve solo ad aprire (in una nuova finestra, magari) l'altro prodotto; oppure uno dei due non supporta una determinata tecnologia, o uno specifico Application Server...
Sarebbe troppo attendersi che i leader di questi prodotti cerchino di mettere in piedi delle joint venture per aiutare a lavorare noi poveri architetti, progettisti e sviluppatori con prodotti davvero integrati e con pieno supporto di tutte le tecnologie necessarie?

domenica 9 marzo 2008

Non sembra anche a voi ...

Che nelle nostre città si vedono sempre meno spesso:
- ragazzi che parlano mentre passeggiano per strada
- ragazzini che giocano assieme
- donne incinte
?
Stanno forse scomparendo, cioè, i segni dell'amicizia, dell'amore e della speranza.
È davvero tutto dovuto alla crisi economica o, più in generale, agli altri, oppure la causa risiede all'interno di noi genitori, dei politici, dei sacerdoti e di tutti coloro che hanno una responsabilità più grande verso gli altri?
Riprendiamoci ciò che ci siamo fatti derubare. Dipende solo da noi!

martedì 26 febbraio 2008

Alcune parole...

più le pronunci, più le capisci.
Ad esempio quelle onomatopeiche: se dico gorgoglìo più volte di seguito, ottengo un suono che evoca il significato della parola stessa.
Oppure quelle meno comuni: se non mi sovviene subito il significato di una parola come contrafforte, può darsi che pronunciando questa parola più volte, riesca ad associarla all'architettura e a ricordare che si tratta di un sostegno utilizzato per certi tipi di costruzioni.
Ma esistono anche parole che più le pronunci, meno le capisci. Un esempio è la parola guerra.
Cioè, non è che non ne capisci il significato, ma non capisci proprio perché esistano.